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2009-01-30

Utili record per Exxon e Chevron

di Luca Davi

31 Gennaio 2009

Una raffineria ExxonMobil in Texas (Reuters)

Il 2008 verrà ricordato come l'anno dei record per i bilanci delle major petrolifere mondiali, nonostante la forte frenata dei profitti nel quarto trimestre. Dopo Shell, anche le statunitensi ExxonMobil e Chevron hanno infatti presentato bilanci da primato sulla scia di un prezzo del greggio che lo scorso anno ha raggiunto i picchi massimi della sua storia.

ExxonMobil, la più grande società al mondo per capitalizzazione, ha chiuso il 2008 con utili a quota 45,2 miliardi di dollari, riaggiornando così il record di utili del 2007. La flessione dei profitti nel quarto trimestre dell'anno a 7,82 miliardi di dollari, il 33% in meno rispetto agli 11,7 miliardi dello stesso periodo dell'anno precedente, si è rivelata comunque inferiore rispetto alle attese degli analisti. Ciononostante, a Wall Street il titolo è diminuito dello 0,4 per cento.

In forte miglioramento anche i risultati di Chevron, seconda major petrolifera statunitense, che nel 2008 ha riportato un utile netto pari a 23,93 miliardi di dollari, in aumento del 28% rispetto ai 18,69 miliardi del 2007. Negli ultimi tre mesi del 2007 anche l'utile netto è cresciuto, toccando 4,9 miliardi di dollari, in progressione dello 0,4% sui 4,875 miliardi di dollari dello stesso periodo dell'anno precedente. In questo caso, però, il risultato positivo del quarto trimestre è da attribuire a un'entrata di 600 milioni di dollari legata a un'operazione straordinaria. Al netto di quest'ultima, gli utili sarebbero stati inferiori a quelli dello scorso trimestre. In Borsa il titolo è rimasto praticamente invariato (-0,1%).

I risultati annunciati dai due giganti del petrolio sono soprattutto il frutto dei crescenti margini sulla raffinazione che hanno compensato un forte declino nei prezzi del petrolio, crollati dai 147 dollari al barile dello scorso luglio agli attuali 41 dollari. E arrivano all'indomani dei bilanci, analoghi per dinamiche, di Royal Dutch Shell, che ha annunciato i profitti annuali più alti di tutti i tempi per una società europea: 31,4 miliardi dollari, in crescita del 14% rispetto ai 27,6 miliardi del 2007. Anche in questo caso, però, nell'ultimo trimestre dello scorso anno il cedimento dei prezzi del barile ha fatto calare gli utili del gruppo anglo-olandese del 28%, facendoli passare da 6,7 (quarto trimestre 2007) a 4,8 miliardi di dollari, meno della metà rispetto ai 10,9 miliardi del trimestre precedente.

Ben peggiori i dati, annunciati in settimana, di ConocoPhillips. Nel quarto trimestre 2008 la terza società petrolifera statunitense ha registrato una perdita netta di 31,8 miliardi di dollari. Un record negativo, che arriva dopo sei anni di bilanci positivi. Colpa di svalutazioni di asset per 34 miliardi ma soprattutto di una forte flessione dei ricavi. Nello stesso periodo del 2007, infatti, il gruppo americano aveva registrato utili per 4,4 miliardi di dollari.

Numeri che confermano come il settore petrolifero, dopo mesi di ricavi eccezionali, si trova a fare i conti con profitti sempre più risicati. Una frenata che inciderà sui risultati finanziari futuri e che già ha spinto molte società del settore a bloccare investimenti, oggi ritenuti poco remunerativi. La stessa Chevron, per voce del ceo David O'Reilly, ha annunciato che non raggiungerà l'obiettivo di crescita della produzione (pari al 3%) di greggio e gas naturale, anche a causa della progressivo esaurimento di alcuni giacimenti.

È la fine di un superciclo lungo diversi anni, un periodo che ha visto una crescita ininterrotta dell'output e degli utili, sulla scia di una corsa del petrolio che aveva fatto avviare investimenti su larga scala. Una fase di espansione così intensa, che le compagnie mondiali si lamentavano persino della difficoltà a reperire staff specializzato.

Da allora, invece, molte cose sono cambiate. Il valore del greggio è calato di oltre 100 dollari al barile nel giro di neanche 5 mesi, e le stime non prevedono rialzi significativi nel 2009, nonostante i tagli alla produzione dell'Opec. Gli investimenti, congelati, costringono i colossi a tagliare il personale. Qualcuno, ancora, prova a crederci. La compagnia statale brasiliana Petrobras ha annunciato l'aumento del suo piano di investimenti quinquennali del 55%, ampliandoli da 112,4 miliardi (2008-2012) a 174,4 miliardi di dollari tra il 2009 e il 2013.

Ma le prospettive non sono incoraggianti. La sfida che Obama ha lanciato contro l'inquinamento e a favore dello sviluppo delle energie alternative e delle auto "verdi" rischia davvero di ridurre la domanda di petrolio negli Stati Uniti, mercato di riferimento per i consumi di benzine e derivati. Un problema in più per le major che ora dovranno andare a caccia di nuovi clienti nelle economie emergenti per rimpinguare i bilanci.

luca.davi@ilsole24ore.com

 

 

 

 

 

 

 

 

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